Fa parte dei cosiddetti luoghi comuni
concernenti la vita liceale quello di definire la propria scuola come “una
seconda casa” o “un’altra famiglia”, dando quasi per scontata la falsità di
tali affermazioni, come se fosse cosa assolutamente improbabile la scelta di
divenire attivi consumatori di un prodotto non così ovvio. Si dice anche
–soprattutto tra i banchi dei licei classici- che lo studio, nella sua
accezione etimologica, dovrebbe comportare una serie di patetiche (pàthos) riflessioni/azioni volte a
creare brama di verità, conoscenza e sapere; ma viene spesso lasciato –da chi
ormai ripete ciò come una cantilena infantile- un velato tono sarcastico
secondo il quale le generazioni del ventunesimo secolo sarebbero portate, in
virtù di una loro indole non ben definita, alla degenerazione piuttosto che
alla costruzione.
Il fatto, però, che degli studenti vogliano
concretamente prendersi cura delle loro tὰ politikὰ -degli affari
della piccola pὸliV in cui ogni giorno tentano di ricercare la loro pienezza (è
questo, difatti, il significato di adulescens)
- deve essere segno della vanità della retorica di chi li attacca senza
conoscere le loro motivazioni. Quando si
parla di scuola, si tende a generalizzare il discorso concentrandosi su voti e
medie che, prima o poi, verranno dimenticati, mentre il main point è da ricercarsi in tutto quel bagaglio culturale che un
alunno medio, pur dimentico delle date dei grandi conflitti del Novecento o
della formazione dell’aoristo passivo, porterà sempre con sé in ogni istante
della sua vita. E simbolo della realizzazione didattica cui ogni istituto
dovrebbe aspirare è già la collaborazione tra le parti costituenti di una vera
Scuola: che studenti, docenti e genitori stiano combattendo per mantenere salda
(anche fisicamente) la loro unità, indica che un liceo dalla validità storica e
sociale quale il Maurolico è riuscito a creare menti pensanti capaci di evitare
demagogiche imposizioni esterne.
Non importano i futili battibecchi causati e
dalla controparte (la quale, con ragioni più o meno valide, vuole affermare la
propria autorità) e da chi ha, dalla sua, un’autorità più o meno autorevole: la
ragion di stato (per motivi economici) va associato a quello spirito
studentesco che riesce –o meglio, è riuscito- a creare coscienza sociale, a
rendere ogni alunno aristotelicamente conscio del fatto che ognuno, per
assumere consapevolezza di sé come individuo, necessita di un contesto
collettivo in cui realizzarsi. E non importa che forse gli Ateniesi (Thuc. V
84-114) concretizzeranno la loro spietata logica della forza, ma che i Meli, spinti dalla speranza di stare in piedi
dritti insieme all’azione, preferiscano non arrendersi.
Chi ha sperimentato e sperimenta tuttora la
realtà mauroliciana non può né deve lasciare incustodita la propria patria,
bensì difenderla a spada tratta in tutti i modi possibili.
«Dove Tu sei- quella- è Casa
La
Schiavitù come un Gioco - sarebbe dolce -
La Prigionia - Contentezza -
E la Condanna - un Sacramento -
Se solo Noi due - c'incontrassimo -»
(E. Dickinson, J725)
Marco
Riccardo, SGSS, ex Mauroliciano, dalla parte dei Mauroliciani
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